mercoledì 30 maggio 2018

Pino Forastiere: intervista casalinga #2 (manifesto)


Nuova vita in provincia, nuovo strumento, nuovo disco, “Village Life”

Certamente le tre cose sono collegate. Trasferirsi da Roma a Tivoli mi ha dato una nuova opportunità di riflessione sul suono: in una città più piccola ci sono meno suoni, ma tutti più intellegibili e chiari. Non c'è il traffico e l'ingorgo di mille macchine, ma c'è il corso del paese dove si ascoltano le persone che parlano, le scarpe che camminano, insomma c'è un ordine sonoro differente rispetto alla città. Anche i ritmi sono differenti, riesco a percepirli uno ad uno, mentre il tempo è decisamente più dilatato.

Che cos'è il rumore?

Il rumore è un suono con il quale bisogna fare i conti, e che sicuramente ha il suo fascino. Però nel paese sento di partecipare alla creazione del rumore che mi circonda, mentre nella metropoli il rumore secondo me è molto più passivo.

Con questo disco continui a fare la tua strada di compositore/esecutore di musica originale. Intanto però il popolo di internet impazzisce per le cover.

La prima cosa che vorrei dire è che l'arte è una espressione individuale. Che poi venga condivisa, eseguita, amata, che poi diventi nota, che diventi famosa, è una cosa che onestamente non mi riguarda. La musica è una mia necessità. Io ho necessità di comporre, di suonare, e soprattutto di non annoiarmi nel farlo. Se qualcosa già c'è, io non trovo alcun interesse nel rifarla, casomai nutro molto curiosità nel capirla, ma come primo passo per andare da un'altra parte. Se siamo arrivati ad A, non vedo perché dobbiamo fermarci tutta la vita ad A; personalmente lavoro per cercare di arrivare a B. Se poi dieci, cento, mille persone hanno piacere di condividere la mia ricerca e le cose che ho da dire, io ne sono felice, ma la felicità di dar voce a ciò che sento è maggiore. Io non mi diverto a fare una cover, e quindi non la faccio, è molto semplice.

Cover che peraltro creano anche dei grandi equivoci sulla paternità della musica, nessuno conosce più l'autore originale dei brani in questione. 

E' uno dei sintomi della confusione nella quale viviamo. Nella confusione, meglio essere rassicurati da qualcosa che già conosciamo, qualcosa di facile. Una copia sbiadita di A va benissimo.

Fake art?

In quanto soprattutto rappresentazione virtuale, oggi fake è l'esistenza umana. In rete le persone elevano la propria mediocrità a linguaggio assoluto: ognuno ha la sua verità che asserisce con estrema certezza, dal mangiare alle cure all'arte, mentre il dubbio è una cosa sublime (se non limita il fare). Il dubbio è necessario per evolversi, per smuoversi dal famoso punto A. Se le persone invece si mettono in maniera fissa e rigida in un punto statico, senza dinamica, allora possono solo condividere la riproposizione di qualcosa che già esiste. Ma penso che sia un fenomeno passeggero, e destinato ad esaurirsi.

Non so se sia destinato ad esaurirsi, credo che questo approccio limitato alla conoscenza delle cose alla lunga ci renda più limitati. Se posso fare un paragone fisico, direi che se stai chiuso in casa per due mesi, ti sarà difficile poi uscire e fare una passeggiata anche solo di 200 metri. Anche il cervello va allenato come tutto il resto.

Qui torna il lavoro di carboneria, in virtù del quale chi ha voglia, chi è capace di muoversi dal punto A, le cose le fa lo stesso, sperando che poi la sensibilità ricettiva si modifichi, e che anche i filtri, i mediatori culturali, i cosiddetti critici d'arte ritornino ad essere addetti ai lavori, con la capacità di discernere ciò che ha un valore da ciò che non lo ha. La maggior parte delle cose che troviamo oggi del mondo dell'arte e della comunicazione non hanno alcun valore, sono talmente povere di spirito che mi mettono a disagio. Ma io sono convinto che ciò che vediamo in superficie non è tutto quello che c'è. Molto probabilmente, in un slancio di ottimismo, penso che ci siano delle cose bellissime al di sotto di questa superficie, quindi secondo me la salvezza c'è, è solo che è coperta da questo magma... Certo, bisogna avere la pazienza di cercare, bisogna avere la pazienza di fare, e bisogna aspettare che si dipani questo inquinamento di superficie.

Che cosa diresti a un giovane?

Gli direi di pensare fortemente e sempre con la propria testa, qualunque sia il risultato. Di allargare i propri orizzonti, di scegliere  le cose oltre ciò che gli viene proposto incondizionatamente, di andare in senso opposto a quella superficie per diventare se stessi. E questo non solo per diventare artisti, ma anche semplicemente esseri umani, perché ci si diventa solo se si usa la propria testa. Il ragionamento non deve essere giusto o sbagliato, ma deve essere un ragionamento: qualcosa che gli faccia dire “io sono giunto a questa conclusione lavorando sui miei dubbi, e non sulle certezze che mi offrono gli altri”.

A proposito di certezze, argomento Soldi. Oggi si fanno in rete, con i click, ottenuti in qualsiasi modo.

Ho sempre vissuto cercando di arrivare al minimo necessario per vivere, e non riesco a dare più importanza ai soldi che a un pensiero, un progetto. Tra l'altro i click arricchiscono in minima parte chi produce un contenuto, mentre la maggior parte di quel denaro viene messa nelle tasche di pochissime persone, cioè gli inventori delle piattaforme. E comunque, io non ci riuscirei a postare una cosa per fare soldi, è una condotta esistenziale che non fa parte di me.

Cosa ti auguri?

Specificatamente legato al mondo della chitarra, mi auguro che finisca, che si eclissi, che si annulli questa glorificazione della copia, questo parametro di riferimento che è la confusione tra tecnica e arte, e che finisca questa rincorsa al click per gli spiccioli. Io non posso ricondurre tutta la mia esistenza al fine ultimo di comprarmi una casa, o una chitarra in più, o una macchina più grande che poi magari non so neanche dove cazzo parcheggiare. Sono cose, non sono idee.

Mi fermo qui. Le domande tecniche le lascio ai giornalisti-chitarristi, visto che non te le saprei neanche fare. 

E' chiaro. Ma non ti preoccupare, sono preparatissimo a rispondere a domande fondamentali su quali corde uso, che sistema di amplificazione uso, che chitarra suono, e soprattutto quanto mi è costata perché è importante la valutazione di quanto uno strumento costi, di quanto sia originale, e di quanto diventi più importante della cosa che viene fatta con quello strumento.




Pino, ma che mi stai dicendo: la chitarra deve essere originale, e la musica no?

Esatto. L'oggetto deve essere originale, deve avere tante corde, tanti manici, deve avere legni assolutamente pregiati, deve essere intarsiata in maniera esclusiva, così che il suo proprietario abbia effettivamente un oggetto unico ed irripetibile. Cosa poi ci vada a fare con quel mezzo... Si, è un paradosso straordinario, sul quale inviterei tutti a riflettere: ci si sforza di inventare strumenti  originalissimi per poi riprodurci musica che già c'è, cioè una copia.

Ma quindi il mezzo è diventato il fine, e il fine è diventato il mezzo.

Esatto, brava, proprio così. Ma passerà. Non so quando, ma passerà.

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